di Anna Baldinelli
Mi sono innamorata di un uomo che sapevo non sarebbe mai stato mio; era infatti sposato e padre di due bambini; la solita storia: una storia molto triste.
-Signorina, si accomodi! - Il signor Alfonsi mi fece accomodare nell'ampio studio della ditta import export che si occupava di prodotti cosmetici CHIC dove io avrei dovuto iniziare le mie mansioni di interprete. Mi sedetti un po’ impacciata stringendo con mani tremanti la borsetta. Al contrario di quanto mi fossi aspettata il signor Alfonsi mi mise subito a suo agio offrendomi gentilmente una sigaretta.
Aveva una voce calda e splendidi occhi penetranti e sfuggenti insieme che avevano il colore del mare in tempesta. Quando mi strinse la mano dopo avermi spiegato per sommi capi il lavoro che avrei dovuto svolgere nel periodo di prova mi sentii molto turbata.
Emozionata e felice me ne tornai a casa dove il mio gatto mi si fece incontro a farmi le fusa.
E così il lunedì mi presentai alla “CHIC” e, come d’accordo iniziai il mio lavoro; ce la misi veramente tutta nonostante il caldo torrido e gli orari strani; la sera a casa stanca ma soddisfatta speravo che l’indomani sarebbe stata meno pesante e convulsa am dovevo fare anche io la gavetta concludevo addormentandomi di schianto.
Venni assunta ed il Signor Alfonsi titolare della “CHIC” si complimentò con me per l’ottimo rendimento e la mia buona preparazione ed efficienza.
- Signorina Emanuela il signor Alfonsi l’attende nel suo studio - la mia collega mi colse di sorpresa con la sua voce stridula.
- Si accomodi signorina Bini – gesticolando mi invitò a sedere – ecco, l’ho invitata qui per proporle un lavoro straordinario, mi trovo in difficoltà e credo che l’unica persona in grado di aiutarmi possa essere lei.
Nel frattempo il telefono squilla e il mio sguardo si pose sopra una bella foto che rappresentava due splendidi bambini sorridenti, non potei fare a meno di soffermarmi ad osservare quel bel ritratto ma, la sua voce calda e suadente mi fece sussultare; - sono i miei bambini e, mi porse delicatamente il portaritratti. Sono davvero stupendi e nel restituirgli la foto le nostre mani si sfiorarono. Turbata, abbassai gli occhi e, per contenere l’imbarazzo ed il rossore che sentivo salire alla testa mi accesi con aria incurante l’ennesima sigaretta.
Impassibile egli mi spiegò che si doveva fare una volata a Londra per lanciare l’ultimo ritrovato della “CHIC”: signorina io odio la lingua inglese, malapena so dire “SI” e “NO” si figuri a scuola avrei preferito 5 ore di religione!
Trattenni a stento una risata: era simpatico!
Accondiscesi anche se la prospettiva di fare “una volata” con lui non mi attirava affatto, ed io già sapevo perché.
Marco era affascinante, era Marco e quello che provavo per lui mi faceva paura, prima di incontrarlo avevo avuto stupidi flirt finiti ancora prima di iniziare che non avevano lasciato traccia in me. Avevo una concezione molto bassa degli uomini della mia fanciullezza avevo un ricordo sbiadito e misero: mio padre pace all’anima sua era stato un ubriacone, dispotico ed attaccabrighe e la mamma aveva subito rassegnata i soprusi di quella nullità che non mi aveva mai fatto una carezza.
Certe volte avevo avuto l’impressione che ci detestasse finché la mamma morì di crepacuore e di stenti e papà di cirrosi epatica; se ne andarono uno dopo l’altra ed io appena adolescente andai a vivere con una zia che se ne stava sempre fuori con uomini diversi e chiassosi, non aveva tempo da passare con me. Crebbi nella solitudine e giurai a me stessa che non mi sarei mai fatta intrappolare da un “principe azzurro”. Ebbi la fortuna di frequentare una buona scuola dove conobbi tanti amici che placarono la mia sete d’affetto e la mia tristezza.
Il viaggio era stato veramente pesante, io muta con il cuore in tumulto mentre Marco fumava nervosamente immerso in chissà quali pensieri.
La volata come Marco l’aveva definita ebbe fine e finalmente riuscii a calmare quella sensazione a cui non volevo dare un “nome” perché Marco aveva troppo fascino e la sua vicinanza mi faceva sudare freddo.
La presentazione del nuovo prodotto ebbe, come avevamo previsto il meritato successo e la “MORRIS”, la ditta concorrente si complimentò per l’ottimo lavoro; fummo impegnati fino a sera ed avevo la gola secca quando finalmente il mio compito finì, raggiunsi la mia stanza e mi tuffai nel letto estenuata.
Il telefono squillò e con voce assonnata afferrai la cornetta – Pronto Emanuela ma dove sei finita, è una vita che ti cerco ma tu scusa vai a letto con i polli?
Sorrisi e guardai l’orologio; avevo dormito due ore e saltato la cena, dissi così: ero molto stanca e così mi sono addormentata, mi scusi se sono stata maleducata.
Emanuela perché non scende alla hall, c’è un ristorante potrebbe farmi compagnia – sa, mangiare da solo è molto deprimente le va?
Accettai come se fosse la cosa più naturale di questo mondo e dissi a Marco: il tempo di prepararmi e sono giù.
Mi venne incontro sorridente con una deliziosa margherita azzurra che appuntai sui capelli chiari. Durante la cena egli mi ringraziò per l’ottimo lavoro svolto e concluse passandomi la mano sui capelli: sei stata meravigliosa sai?
Avrei voluto scomparire perché lui era li e aveva gli occhi dolci e tristi insieme am ormai era troppo tardi perché io ero dentro questa storia fino al collo e l’idea di essere sua anche solo per un’ora, un minuto un attimo mi faceva impazzire. Mai si parlò di lei né dei suoi bambini ai quali Marco telefonava regolarmente.
Vino veritas e con gli occhi umidi e tristi mi disse: Emanuela io mi sono innamorato di te - e poi ancora - non so come sia potuto accadere ma non volevo ti giuro e ho lottato tu non immagini quanto e mi dicevo: “non è possibile Marco, no non farla soffrire è così sperduta”, ma io non voglio fartene una colpa, tu sai tutto di me, che cosa potrò darti Amore – ed alzando quegli occhi meravigliosi prese la mia mano e la portò alle labbra – anche tu mi ami Emanuela vero?
Risposi di slancio felice: Si, anche io ti adoro Marco, tu sei stato sempre leale con me, so che tu non potrai darmi nulla, ma io voglio te forse ti ho amato subito dal momento che le nostre mani si sfiorarono ricordi? Fu quando ti restituii sorridente la foto dei tuoi bambini? Già ricordo un’ombra di tristezza passò ad oscurare gli occhi di Marco ancora umidi, voi si versò da bere e bevve ancora in silenzio; si alzò e disse lasciandomi senza parole: vattene via, vai via Emanuela, io non voglio vederti mai più!
Lo guardai per l’ultima volta allibita, presi la mia pelliccia e correndo fui fuori dove l’aria fresca della notte mi scrollò di dosso tutta l’emozione e la confusione che avevo dentro.
Mentre aspettavo il taxi me lo trovai davanti pallido e sconsolato e prima che potessi fuggire via mi sentii avvolgere con passione.
L’alba ci trovò abbracciati, fui sua e poi ancora con disperazione; Marco accarezzandomi sussurrò: non ce l’ho fatta, perdonami cara Emanuela.
Poi il silenzio ci avvolse, raccolsi i miei indumenti e con il sapore della sua pelle addosso chiusi delicatamente la porta ed in fretta corsi a casa ripetendo a me stessa: “Marco Amore proprio a noi, perché io non posso fare a meno delle tue mani, che cosa farò ora della mia vita?”
A casa nella solitudine mi addormentai vicino al micio che miagolava – chissà forse anche lui aveva capito quanto io soffrissi.
Il mio pianto silenzioso per giorni e giorni mi fece compagnia, ormai alla “CHIC” avevo dato le dimissioni e mi sentivo vuota, fuori il sole invitava alla vita ed io morivo piano piano.
Dovevo assolutamente uscire da quel dolore che a volte mi faceva stare male, non credevo avrei sofferto tanto avevo fatto del mio cuore un macigno, mentre mi ripetevo “Emanuela la vita continua”.
Nei giorni seguenti, senza curarmi troppo del mio aspetto, decisi di uscire; camminai tutto il giorno come un cane abbandonato finchè rincasai che già era buio. Sai micio camminare mi ha fatto bene, cercherò di farlo più spesso.
Uno squillo del telefono mi svegliò; impaurita ed assonnata afferrai la cornetta, la sua voce calda e rassicurante mi stava parlando: Piccola perché mi hai abbandonato? Io non posso fare a meno di te, perché ti amo capisci, Emanuela mi ascolti? Aiutami Amore.
Sentii lontano una voce rispondere: ti aspetto vieni. Le parole risuonavano nella notte ed io non mi rendevo conto di stare sbagliando ancora. Tra le sue braccia dimenticavo il mondo e diventavo parte di lui come se le sue mani fossero le mie mani, io suoi occhi i miei occhi, la sua malinconia la mia struggente passione lo amavo così tanto e sapevo affondare conscia del fatto che l’indomani il dolore mi avrebbe fatto compagnia. Di lei Marco evitava di parlare né io osavo chiedere nulla, lui era soltanto mio ora e lei doveva levarsi di torno. Da tempo ero la sua amante con tanto di appartamento, servitù ed abiti eleganti. Non era forse questo quello che volevo? Che cosa avrei potuto chiedere di più? Marco era spesso fuori ed io aspettavo i suoi ritorni struggendomi, ma l’Amore che c’era tra noi ormai non mi bastava più e nelle notti insonni pensavo che dovevo essere io a chiarire la situazione che si era venuta a creare. Dovevo a tutti i costi avere una visione più nitida della nostra relazione e dovevo trovare il coraggio di parlarne con Marco. Ma non trovavo le parole e, ogni volta che provavo a ripetere quelle parole che conoscevo a memoria, i miei poveri tentativi risultavano vani perché Marco era lì tra le mie braccia e i suoi occhi mi ripetevano: “sei la mia vita Emanuela” ed io accarezzando ogni parte del suo corpo piangevo in silenzio.
Emanuela mi porti quel vino che ti piaceva tanto, è nella mensola dello studio. Si Amore - risposi e, nel prendere la bottiglia notai sul parquet una foto rassicurante, un volto stupendo di donna e una dedica: “Marco ricordati sempre del nostro Amore: Elana”.
Cercando di contenermi ritornai nella stanza dove Marco aveva preparato due coppe e mi stava aspettando. Con calma posi la bottiglia sul comodino, mi accesi una sigaretta e con voce atona dissi: per caso ho trovato la sul parquet questa foto, è stupenda: un volto meraviglioso e sorridente sembrava guardarci. E’ mia moglie Elana.
Marco, ma tu l’ami? Non si possono amare due donne o forse si – concluse evasivo; non disse altro e mi abbracciò forte.
Il giorno seguente uscii e per strada intravidi un uomo e una donna che passeggiavano abbracciati e come due colombi si scambiavano tenerezze, provai una fitta di invidia e allungai il passo, per poco non finimmo per urtarci noi tre: Marco, Elana ed io.
Scappai via come una ladra e ansimante mi chiusi in casa; piangendo mi consultai con micio: “micio che cosa devo fare?”.
Il telefono squillò alle nove di sera, sorpresa perché Marco non era solito telefonare a quell’ora alzai la cornetta.
“Pronto, casa Bini?”
“Si chi parla?”
“Sono Elana, la moglie di Marco”, con voce dolce da bambina e un tono basso e tranquillo Elana mi stava invitando a casa sua l’indomani alle cinque del pomeriggio.
“Va bene Elana, verrò”
“Grazie Emanuela, ti aspetto”
Passai la notte insonne e stetti male, avevo continue nausee finchè stanca mi addormentai. Evidentemente avevo mangiato qualcosa di pesante pensavo l’indomani mentre con calma mi stavo preparando per incontrare la moglie del mio amante ed ero stranamente calma e serena. Mi presentai puntuale a casa Alfonsi, una signora dall’aspetto severo mi fece accomodare nell’ampio salone dove Elana stava suonando il pianoforte; mi stava di spalle e si scusò subito con un bel sorriso. Dio com’era bella! Senza alzarsi mi fece accomodare.
Devi essere molto carina Emanuela, quanti anni hai, sono indiscreta?
No signora; fra poco avrò vent’anni.
Io ne ho dieci più di te ma mi sento una bambina – ma quegli occhi perché mi fissavano immobili e perché non si alzava dalla poltrona?
Sembrò leggermi dentro e disse: Emanuela io sono cieca da cinque lunghi anni in seguito ad un incidente stradale; eravamo io e Marco, per fortuna lui è uscito indenne da quell’inferno di fuoco.
Cieca! Mio Dio perché, povera piccola e dolce Elana.
“Emanuela, so che Marco ti ama, ti prego se non hai pietà per me fallo per i nostri due bambini. Lascialo a noi perché vedi io senza di lui sarei persa, è la mia luce capisci?” – ed alzandosi barcollò, la sostenni e le detti il bastone affinchè Elana si sentisse più sicura.
Piangemmo insieme io e lei poi mi alzai e, nello accomiatarmi dissi: “stai tranquilla, Marco è tuo e lo è sempre stato, ti ama” - e la baciai con affetto mentre la nausea mi stava soffocando.
La sera Marco mi telefonò e allegro come sempre disse: ho una deliziosa cenetta e del buon vino, ultimamente ti ho trascurata povero micetto – eih Emanuela sto parlando con te!
“Marco non venire da me né stasera né mai più non ti amo più scusami se solo ora trovo il coraggio per dirti che mi sono innamorata di un altro, perdonami.”
Nel riagganciare gli augurai buona fortuna, ma lui aveva già riattaccato.
“Ora siamo soli micio mi guardava dentro gli occhi lucidi; ho preso la decisione giusta pelosone? Ora siamo soli io e te”.
Di nuovo continue fitte allo stomaco, ci voleva anche questo ora, non soffrivo già abbastanza?
No il destino o lo zampino del diavolo o chi altro non so voleva essere più crudele con me. Il medico che consultai l’indomani mi disse felice: “Signora, Lei avrà un delizioso bambino”.
Un bambino!! - Signorina si sente male? Signorina! Svenni. Quando mi riebbi ero ancora nello studio del buon uomo che mi stava tranquillizando.
Piangendo gli raccontai la mia povera storia. Egli disse guardandomi diritto negli occhi fino a scrutare l’anima: - il bambino non può decidere se vuole venire la mondo, solo Lei può farlo, se vuole il mio consiglio spassionato io le dico “Signorina decida quella che reputa la soluzione migliore ed ascolti il suo cuore” io, personalmente sono contrario all’interruzione.
Gironzolai fino a sera camminando lentamente. Stranamente sentivo nascere in me una struggente dolcezza quasi una gioia e sentivo la mia voce ripetere: ce la farò, bambino mio tu vivrai per me ed insieme ci faremo compagnia.
Marco nacque a primavera, era un batuffolo morbido che sapeva di rugiada e quando lo strinsi a me sentii l’Amore antico.
Ora cresce tranquillo, io lavoro e sono serena: ho trovato una ragione per vivere. Grazie Elana, spero tu e Marco siate felici.
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